Dante e i confini geografici e storici dell’Italia

La Divina Commedia è anche un viaggio in Italia. Dante descrive l’Italia, anche i luoghi dove non è mai stato: parla della Sicilia, che pure non ha mai visto; la chiama la bella Trinacria, parla dell’Etna e di Scilla e Cariddi. Evoca la «fortunata terra di Puglia» e la Lombardia. Racconta la Toscana e la Romagna, mentre ci conduce a percorrere il suo viaggio nell’Aldilà. Dante descrive la Roma del Giubileo del 1300 e poi il lago di Garda (con le Dolomiti che separano il mondo tedesco dal mondo latino), Mantova – la città di Virgilio – e l’Arsenale di Venezia, che al suo tempo era la più grande fabbrica d’Europa. E cita il golfo del Quarnaro, «che Italia chiude e i suoi termini bagna: un verso citato da generazioni di irredentisti, che si battevano perché quelle terre diventassero italiane (com’erano già di lingua e di cuore), e che ci ricorda il dramma degli esuli istriani, giuliani, dalmati costretti a lasciare la loro terra. Non a caso le autorità asburgiche nel XIX secolo cercarono di cancellare l’italiano dall’Istria e dalla Dalmazia, per evitare l’insorgere di sentimenti nazionali dopo la fondazione del Regno d’Italia. Dante ci ricorda anche i tradizionali confini occidentali dell’Italia dalla Liguria di Ponente all’oltre Var, lamentando lo stato di abbandono delle vie di comunicazioni terrestre, ma esaltando le memorie imperiali augustee della Turbia. Confini modificati vergognosamente nel 1860 ,con sicuro rincrescimento del Sommo Poeta, che per le innaturali decurtazioni del Bel Paese si rivolta nella tomba.

Casalino Pierluigi

Da: Pierluigi Casalino

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