I drammatici conflitti sindacali del primo dopoguerra e l’avvento del fascismo.

La crisi apicale si raggiunse nel 1920 con l’occupazione delle fabbriche. La prova di forza nacque al momento di una drammatica vertenza sindacale tra padronato ed operai del settore metallurgico. Alla serata padronale, la chiusura degli opifici iniziata alla Romeo di Milano, gli operai risposero il 30 agosto, occupando le fabbriche. Nel settembre il loro esempio venne imitato in tutta l’Italia settentrionale. La situazione si radicalizza pericolosamente. Nelle fabbriche occupate vengono eletti i soviet, consigli operai sul modello insurrezionale bolscevico, compaiono le armi e il padronato chiede l’intervento dell’esercito. Giolitti decide di non decidere, convinto che il partito socialista non porterà le masse allo scontro rivoluzionario. Lo stallo esplosivo durerà fino al raggiungimento di un compromesso che varrà agli operai modesti aumenti salariali. La latitanza e debolezza dello stato tra il 1919 e il 1920 aggraverà il disordine nel Paese. Il governo esprimerà ben 5 ministeri. Nelle elezioni generali del maggio 1921, i liberali si alleano con i fascisti nei blocchi nazionali. Nell’Assemblea entrano anche, per la prima volta, anche 15 rappresentanti del partito comunista, dopo l’uscita dell’ala sinistra del partito socialista al Congresso di Livorno del gennaio 1921. Nel momento di maggior confusione e tensione del Paese  Mussolini ha buon gioco a presentare alla Nazione il partito nazionale fascista nel novembre 1921. La divisione del movimento operaio e delle altre forze democratiche, oltre allo sfaldamento delle istituzioni, aprirono la strada alla Marcia su Roma e alla presa del potere da parte di Mussolini.

Casalino Pierluigi, autore e studioso ligure di Imperia, nato a Laigueglia il 29 giugno 1949, anche sul web..