DIVERSITA’ CULTURALE: REALTA’ E LIMITI

Uno dei principi fondamentali delle liberaldemocrazie moderne è quello del pluralismo e del multiculturalismo: uno degli esempi illuminanti è stato quello degli Stati Uniti d’America, nati proprio su questa base di tolleranza e di meltingpot. Più recentemente Paesi come l’Australia e il Canada hanno fatto del multiculturalismo un’ulteriore piattaforma di convivenza. Negli tuttavia questo idilliaco atteggiamento è cambiato, anche per complicità geopolitiche dell’Occidente che ha creato le condizioni di conflitti legati alla logica di potenza. Alla sensibilità si è andato sostituendo una diverso approccio, pervaso da pessimismo, ostilità e rifiuto deciso. Il timore nei confronti di un fenomeno ritenuto inizialmente positivo sta prevalendo sia per una non meditata gestione dei flussi migratori e sia in ragione di una crisi congiunturale globale che condanna anche i ben pensanti a rivedere, anche obtorto collo, il loro pensiero. Si rende quindi necessaria una nuova e urgente riflessione sul dove vada il mondo e in particolare sulla questione delle questioni: se sia il caso di confermare o meno l’esigenza di riconoscere ai portatori di diversità, comunque e a a vario titolo, uno spazio autonomo. Le cronache di questi giorni, soprattutto le contese sorte tra gli stati europei sul fermare o meno la marea montante dell’immigrazione più o meno clandestina., pongono al centro del dibattito una realtà non più eliminabile a breve dal destino dei popoli. Una cosa è peraltro sicura: che ripensare l’immigrazione dalle radici, dai luoghi di partenza potrebbe configurarsi come elemento risolutivo, prima ancora di una non facile integrazione con tutto ciò che ne segue, nel bene e nel male.  Che fare dunque? Qui solo la politica, la buona politica e non una politica di piccolo cabotaggio ci può soccorrere. Una buona politica fatta di umanità, ma anche di fermezze e non di compromessi, una politica che continui ad abbeverarsi alla fonte della prima democrazia, quella dell’Antica Grecia e del diritto romano, laddove la cittadinanza romana era estesa a chiunque partecipasse alla res publica: e in tal caso Roma, caput mundi, ebbe molti suoi imperatori stranieri, ma ancor più romani o latini degli stessi romani.

Casalino Pierluigi, 31.10.2016