IL LIQUORE DEGLI DEI

IL LIQUORE DEGLI DEI
L’introduzione della vigna è sempre stata accompagnata da episodi tragici e sanguinosi, da crimini e persino da patetici malintesi. Aldilà delle diverse narrazioni dei miti, la scoperta e lo sfruttamento della vite presenta grandi contraddizioni. Considerata l’origine divina della vigna e dei suoi frutti, molte sono le divinità coinvolte in ogni tempo e in ogni luogo nella rivelazione di essa e negli insegnamenti volti a conoscerne meglio le qualità. Di tutte queste divinità la più nota è Dioniso, figlio di Zeus (il Giove dei latini) e di Semele. Colui che inventò l’ebbrezza e il piacere del bere. Per etimologia il nome del dio significa “nato due volte”, perché a causa della morte prematura della madre in cinta di lui e folgorata dallo splendore dell’amante, il feto di Dioniso fu raccolto da Zeus e fatto nascere al compimento del tempo della gestazione. Perseguitato dalla gelosia di Era (la Giunone dei latini), sposa di Zeus, per l’ultimo tradimento della serie del re dell’Olimpo, Dioniso venne nascosto in una località montana ai confini dell’India. Allevato dalle ninfe dei boschi, il dio crebbe circondato da satiri, sileni e baccanti, vero e proprio folle corteo di ebbri e dalla mente devastata, in grado di terrorizzare e suscitare ostilità, piuttosto che entusiasmo. Dovunque Dioniso passava provocava eccidi e disordini. Il senso del mito è quello di dimostrare il potere ambiguo del vino e dell’ebbrezza. Un dono divino che rischia di sprofondare l’uomo nell’abbrutimento e nella rovina. Come godere dunque della civiltà del bere, evitandone gli effetti perversi? Quando viene meno la misura, l’intelligenza è travolta da demoni mostruosi, che oscurano la dignità. Proprio per tale ragione il re Licurgo di Tracia voleva distruggere la vigna, pianta ritenuta malefica. Il dio finì per colpirlo con la pazzia. Tra le credenze dell’Ellade c’era un’altra credenza curiosa sull’origine della pianta della vite, che si collega a Oreste, figlio di Deucalione e Pirra. Un giorno Oreste vide un cane addormentarsi, dopo aver morsicato un alberello. Interrò un ramo dell’alberello e ottenne una pianta di vigna con grossi grappoli. Questa fonte richiama quella biblica di Noè, inventore della vite. Nacque in tal modo una bevanda capace di sollevare lo spirito e ispirare i poeti. Anche nel mondo islamico e ebraico, nonostante gli apparenti divieti, la vite infiammò artisti come Omar Khayyam, matematico e lirico persiano o Abu Nuwas, capofila dei poeti gaudenti. Il vino era una bevanda certamente di prerogativa degli dei, poi a essi rapita. Un bicchiere di vino non può ormai mancare sulla tavola e, soprattutto, nelle grandi occasioni. Un’idea in più, che trova il suo culmine di entusiasmo in una coppa di champagne. Del resto, chi non rischia, dice un proverbio russo, non berrà mai champagne. Non vengono, peraltro, meno le rischiose ambiguità di quello che un tempo veniva definito il liquore degli dei. Casalino Pierluigi. 26.07.2010.