PIO XII:INTUIZIONI PROFETICHE

PIO XII: INTUIZIONI PROFETICHE.
Nel 1945 PIO XII confidò al Cardinale Bertrand l’intenzione di indire un Concilio Ecumenico. Il porporato, sorpreso, non mancò di manifestare al Santo Padre il proprio scetticismo nei confronti di un’iniziativa ritenuta prematura. Le ferite provocate dalla Seconda Guerra Mondiale erano ancora aperte, mentre all’orizzonte si annunciava un nuovo e non meno inquietante confronto globale. Gli scenari del dopo guerra erano segnati da tensioni crescenti e il clima appariva sfavorevole a un evento di così straordinaria portata, non soltanto per la vita della Chiesa. Papa Pacelli non rinunciò, tuttavia, agli sforzi per rendere possibile il disegno conciliare. Un disegno della Provvidenza. Il progressivo allargamento del Sacro Collegio Cardinalizio in senso extraeuropeo, fu una scelta intesa a valorizzare le Chiese locali. La prospettiva era di superare una certa concezione coloniale del cattolicesimo, riaffermandone il corretto significato “romano”, cioè universale. In occasione del dibattito sui riti cinesi, Pio XII, già all’inizio del suo Pontificato, aveva riconosciuto il significato “naturaliter” cristiano di quella tradizione, attribuendo ai cattolici di quel grande Paese un ruolo più ampio nel contesto della storia della salvezza. Il culto degli antenati, in fondo, ricordava la pietà verso le anime del purgatorio. Nel 1941 Monsignor Zanin, del resto, con il beneplacito del Papa, consacrò la Cina alla Madonna, affidando alla Madre di Cristo il destino e le speranze di un popolo, ricco di una millenaria saggezza e spiritualità. La fedeltà al Romano Pontefice da parte della Chiesa cinese, professata attraverso prove drammatiche, ha confermato in seguito la validità dell’intuizione di Pio XII. Analogamente la crescita e la fecondità delle comunità locali in seno alla missione della Chiesa Universale, rappresentarono contributo decisivo al processo di rinnovamento avviato durante gli anni di Papa Pacelli. Un percorso, quindi, ispirato non a una Chiesa vagamente policentrica, ma a un Corpo Mistico a più voci in dialogo con il mondo e le culture, senza mai rinunciare al prezioso Magistero della Verità. La molteplicità delle sensibilità non separata dall’univocità della Dottrina si sviluppò grazie all’opera di Pio XII. La visione pacelliana del carattere multiculturale dell’ecumene cattolico, trovò il suo compiuto esito, sotto i suoi successori Giovanni XXIII e Paolo VI, nella celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Un Concilio che accelerò i mutamenti dell’ultima parte del XX secolo. L’uso politico della Storia e la lettura degli avvenimenti a fini parziali e interessati, riproponendo luoghi comuni superati dalla storiografia, non depongono certo alla serenità della ricerca. Si tratta di atteggiamenti non meditati e spesso frutto di preconcetti o peggio di malafede. Profezia e pietà convissero in un Papato difficile e coraggioso al tempo stesso, in vista di quel necessario aggiornamento che caratterizza da sempre la vicenda della Chiesa. Vicenda che lega con un filo sottile i Vicari di Cristo al Divino Maestro. Nel generale clima di smarrimento, quando la tempesta minacciò di travolgere tutto e tutti, Pio XII fu per l’umanità un riferimento di speranza. Nel cuore del Papa era, infatti, ben presente la dimensione cosmica del messaggio di Fatima. Il protagonista de “Il Tempo e la Memoria” (Ennepilibri, Imperia, 2006) era solito ricordarmi quanto grande sia stato il conforto offerto dalle immagini del Papa orante nelle cupe ore della prigionia e dell’abbandono. Più virtù c’è nel silenzio, diceva, che nel troppo parlare. Un silenzio che non ebbe lati oscuri, ma che fu testimonianza autentica e non teatrale. Quella della santità.
Casalino Pierluigi, 15.12.2008.